Frazione Corveglia

Ultima modifica 4 aprile 2018

Nel 1001, l’imperatore Ottone III donò alle benedettine di San Felice di Pavia, Curtis Vetula (Corte Antica): un tenimento rispondente all’attuale territorio di Villanova d’Asti. Probabilmente il toponimo derivava da una corte fiscale romana, al tempo già scomparsa, e finora mai localizzata. Le monache vi fondarono Villa “Nova”, a distinguersi da Curtis “Vetula”, ed ivi eressero il monastero di San Felice, dove si stabilirono.

Verso il 1150, il nobile Ruffino di Ferrere, riconoscendo un censo alle monache, fondò ad occidente di Villanova un ospedale intitolato a San Giacomo, retto da canonici agostiniani, dotandolo d’un ingente patrimonio. Gli “hospitali” medievali non servivano alla cura degli infermi, bensì ad alloggiare, a prezzo di favore, i pellegrini cristiani qualificati da un salvacondotto. In un tempo in cui i territori si presidiavano anche tramite le fondazioni religiose, i Marchesi di Saluzzo, poco lontano, avevano istituito la cistercense Abbazia di Casanova. I signori di Ferrere, vassalli del Comune di Asti, fondando Corveglia e sottoponendola al Vescovo di quella città, forse ne volevano contrastare l’influenza.

Il marchese Manfredo di Romagnano, che a dispetto del titolo risiedeva a Pancalieri, minacciato dai potentati circostanti, sfruttò anch’egli Corveglia per proteggersi. Nel 1153 conferì all’ospedale numerose dipendenze nelle proprie terre e ne spostò gli interessi oltre il Po. Così favorita, intercettando numerosi pellegrini tra Roma e la Francia, Corveglia si dotò di un’ampia chiesa con campanile, ingrandì l’ospedale e incrementò il patrimonio. Il dilagare nel proprio ambito di un’istituzione soggetta ad altra diocesi indispettì però il Vescovo di Torino. I Romagnano, allora, nel 1173 fondarono Santa Maria di Lombriasco a immagine di San Giacomo, da cui inizialmente dipese. Sottoponendola al vescovo di Torino anziché a quello di Asti e rendendola poi autonoma a prezzo di un censo a Corveglia, risolsero i contrasti. San Giacomo, peraltro, pur senza i Romagnano crebbe per tutto il XIII secolo, giungendo a rivaleggiare con Sant’Antonio di Ranverso.

Nel 1215 le monache, in crisi di liquidità, cedettero Villanova al Comune di Asti. Corveglia, aveva ormai un territorio proprio, forse riscattato in precedenza. Il censo dovuto alle benedettine fu comunque riconosciuto anche agli astesi.

Col ‘300, Corveglia fu coinvolta nelle dispute tra i guelfi Solaro e i ghibellini De Castello, che si litigavano Asti. Fedele ai Solaro, subì le ingiurie dei confinanti Saluzzo, filo-ghibellini, e Acaja, passati a quella fazione dopo averla avversata. Il clima di scontro e, nel 1316, il trasferimento del Papa ad Avignone, compromisero l’attività dell’ospedale. Nel 1340, inoltre, la caduta dei Solaro aprì le porte ai Visconti di Milano, portando nuova guerra a Corveglia, dove i territori nella sfera viscontea, confinavano con quelli dei Savoja che, sottomessi gli Acaja, capeggiavano la lega anti-milanese.

Stando al prevosto Aimonetto di Ferrere, per sfuggire alle violenze, poco prima del 1376 i canonici avevano temporaneamente lasciato Corveglia per San Pietro di Rantenasco, presso Carmagnola. In quell’anno Papa Gregorio XI cedette terre e ospedale ai De Ponte che gli erano creditori e, soprattutto, fedeli contro i Visconti. Il Prevosto obiettò che i De Ponte, accusando i canonici di sostenere i Visconti e descrivendo la proprietà in abbandono, avevano mentito ottenendo Corveglia a un prezzo risibile. Per un decennio il prevosto, frattanto stabilitosi in Santa Maria del Piano a Pinerolo, contestò la vendita e respinse il censo riconosciutogli per tacitare i diritti dei canonici.

A questo punto le cronache sconfinano nella leggenda. Si disse che, per risanare le finanze della prevostura, il canonico Clemente di Ferrere e alcuni confratelli avessero occupato l’ospedale e si fossero dati al brigantaggio, sequestrando e uccidendo, tra gli altri, Bernardino Ricci, conte di San Paolo e Solbrito. I figli, per vendetta, avrebbero allora conquistato Corveglia e decapitato gli usurpatori. Probabilmente la realtà fu che Clemente di Ferrere, forse accampando diritti sulla canonica quale discendente del fondatore Ruffino, si oppose ai De Ponte. Bernardino Ricci, filo-visconteo, ne approfittò per occupare il borgo ed è possibile che ambedue i contendenti siano caduti nello scontro. I Ricci mistificarono poi l’accaduto per essere infeudati di Corveglia, cosa che avvenne soltanto nel 1447, con una bolla papale di Nicolò V. Sotto i Ricci, l’ospedale divenne castello, con il campanile adattato a dongione. La chiesa, non più officiata e ridotta a fienile, rovinò.

I canonici superstiti, a Pinerolo, guadagnarono nuova ricchezza e prestigio tanto che, nel 1465, il prevosto poteva offrire il patrimonio canonicale per sostenere l’elevazione in diocesi della città. La prevostura fu soppressa nel 1473 e unita alla dipendenza di Pinerolo che, fino alla fine del ‘500, quando confluì nell’Ospedale Grande cittadino, fu “Santa Maria e San Jacobi de Plano Pinerolii seu Curte Vetus”. A carico dei nuovi feudatari fu stabilito un censo a favore dei canonici, ancora in vigore nel ‘700.